Lettori fissi

martedì 24 febbraio 2009

Ricordo... mi pare... ma non saprei...

Scene di vita vissuta quante volte quanti momenti sembra sempre gli stessi, o addirittura sembrano già visti, come si dice vissuti.
Tempo fa li chiamavano dejavù, altri li chiamano semplicemente proiezioni, proiezioni di che? Di cosa? Che me proietto?
In realtà quando accade pensi "O mamma ma sta cosa... ma è già successa? Oppure sono io che non mi ricordo... forse..." poi stop, ci si ferma di botto e si cade nella più semplice delle spiegazioni DEJAVU'! Ma che significa letteralmente Dejavù? Le origini di questa parola risalgono ai Sanniti, popolazione centrale della nostra penisola italiana. Furono loro a coniare il termine in questione. Tutto successe dopo il ratto delle sabine, i sanniti repressi, con occhi gonfi non di lacrime e le mani screpolate dal lavoro oscuro e metodico del palmo della mano, ripensarono all'accaduto. Focalizzarlo i romani che arrivarono, distrussero le deboli e insensate,secondo loro, fortificazioni del villaggio, entrarono nella città e all'urlo di "Viva la Topa!" rubarono tutte le donne sabine. Da lì anche il nome Ratto delle sabine. Il più celebre dei sanniti, anziano e colto riferendosi alla frase dei romani disse "Amano la topa sono quindi dei topi, anzi no sono dei ratti dei RATTACCI, e non li chiameremo più Romani, ma Ratti delle Sabine!". Purtroppo all'epoca la coltivazione di canapa indiana non era vietata e neanche l'imminente Bozzi-Fini poteva immaginare gli effetti collaterali di quell'affermazione sui libri di storia. Ma torniamo a noi. Quindi i Sabini affranti e insofferenti, ripensando a ciò e all'enorme fatica che facevano, molto convinta ma poco appagante, dissero riferito ai Ratti "MORTACCITU'!". Col passare del tempo la parola ha subito degli effetti vocali e tonalità afone tanto da cambiarla in Dejavù. Ad esempio nel Medioevo mentre molti pensavano a bruciare streghe o donne credute tali, solamente perchè non la davano o in alcuni casi non la davano a buon mercato, altri uomini medievali erano intenti ad accendere i falò sui quali avrebbero arso tali losche figure. Nel giorno del rogo più alto e più grande un piccolo boietto infame stava tentando di appiccare il fuoco al falò, ma proprio in quel mentre si girò a guardare una topa e prese fuoco ad un braccio ed esclamò "Accitu'!!!". Subito la Chiesa che aveva spie e ovunque intercetto la parola, la analizzò si accorse che il significato era meno offensivo perchè privo di morte e la adottò!
Secoli dopo nelle provincie spagnole arabegianti da arabeschi baschi, si diffuse la cultura della lingua araba. Lì senza una storia ben definita nacque la variante della parola "Ajatù!". Ma la storia più incisiva della parola si ebbe in un sobborgo romano durante la presa di Porta Pia da parte dei bersaglieri.
I bersaglieri schierati davanti le mura presi dall'attacco che avevano studiato a tavolino col loro superiore, vivevano e rivivevano le fasi dell'imminente battaglia mossa a mossa nella loro testa. Mentre Le truppe dello Stato Pontificio riparate dietro le mura che cingevano la città vivevano e rivivevano i felici momenti passati sperando di riviverli. Fu allora che un bersagliere spronò l'attacco con l'urlo "OLEEEEEEEEEEEEEE'", una guardia svizzera rispose "JAAAAAAAAAAAA" e un altro bersagliere urlo a squarciagola "VU!". Da lì il vivere e rivivere momenti venne acclamato come Olejavù!
Come siamo passati dall'Olejavù ella parola Dejavù poi è storia dei giorni nostri, basta aprire una qualsiasi rivista o giornale scandalistico per scoprirlo.
Quindi spendete due lire e capite da soli l'idiozia di tali parole o tali momenti agghiaccianti e fanno venire la pelle d'oca a chiunque ma non all'oca.

Marco X


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